Davide Nappo
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SOLO ALLENARSI.... A VOLTE NON BASTA

Sottotitolo: 
Rubrica tenuta dal Dott. Davide Nappo

Davide Nappo
25/2/2012
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Quando la caviglia ci lascia a piedi...

Come primo articolo per questo 2012, riprendo la mia rubrica con una piccola serie di istruzioni da seguire in caso di infortunio traumatico della caviglia, anche con uno spirito scaramantico, perché rimangano per tutti solo una serie informazioni di cui non aver necessità nella propria carriera agonistica.

 

 

Tuttavia la distorsione laterale è uno degli infortuni più frequenti nello sport, specialmente se la superficie di appoggio è irregolare e insidiosa come in montagna. Il meccanismo traumatico può essere differente a seconda dei casi, ma tipicamente accade con un improvviso movimento di inversione, cioè di eccessiva inclinazione laterale del piede e della caviglia in carico.

 

 

 

L'infortunio può essere più o meno grave a seconda dello stato dei tessuti e dalla resistenza dei muscoli peronieri laterali della gamba che dovrebbero opporsi al movimento lesivo; nei casi più gravi, è possibile che si verifichi anche una frattura delle superfici ossee, quindi in caso di forte tumefazione o di una sensazione pulsante durante la notte successiva al trauma, è fondamentale scongiurare questa evenienza tramite un controllo radiografico immediato.

 

 

 

 

 

Lesione dei legamenti peroneo-astragalici in seguito a trauma in inversione della caviglia

 

 

 

Le manifestazioni acute del trauma si mostrano quasi immediatamente con gonfiore e tumefazione locali, infiammazione, limitazione alla capacità di muovere la caviglia e portare il carico sull'arto infortunato.

In questa fase è importante iniziare subito con un'autogestione corretta dell'arto infortunato. Come per molti altri traumi le linee guida internazionali sottolineano l'importanza dell'approccio R.I.C.E. (Rest – Ice – Compression – Elevation = RIPOSO – GHIACCIO – COMPRESSIONE - ELEVAZIONE). In pratica  è importante osservare un periodo di riposo e scarico dell'arto per almeno tre giorni; applicare nelle prime 48 ore ghiaccio o gel criogenici ad intervalli di 5 minuti per varie volte al giorno e non per periodi prolungati, cosa che blocca la circolazione locale, invece di favorirla; se possibile sarebbe importante praticare  nelle prime 12 ore un bendaggio compressivo e contenitivo, confezionato ovviamente da mani esperte; infine mantenere l'arto sollevato dalla posizione sdraiata per circa 30-60 minuti almeno 3 volte al giorno, in modo da contribuire ulteriormente a ridurre lo stravaso di sangue verso la pianta del piede.

 

 

Esaurita la fase acuta, quando il gonfiore è parzialmente riassorbito è importante recarsi da un fisioterapista che possa fare una valutazione del danno e indicare all'atleta i tempi e la progressione giusta per riprendere gli allenamenti. Molti invece trascurano questo aspetto, pensando che alla risoluzione dell'edema, la caviglia sia come prima, e i tessuti guariti. La letteratura scientifica dice che circa il 30-40% delle persone che subiscono una distorsione traumatica della caviglia, ha episodi di recidive che possono esitare in una instabilità cronica. Questo accade, sia perché alcuni atleti hanno uno scarso controllo del movimento di inversione del piede, oppure perché non è stato fatto un percorso riabilitativo accurato per ristabilire la corretta cinematica dell'arto inferiore.

 

 

Molte volte quando riprendiamo a muoverci dopo una distorsione e appoggiamo caricando il piede, lo facciamo inconsapevolmente in modo da sentire meno pressione o dolore possibile; molte volte questo schema non è quello ideale e anche a distanza di tempo questo “nuovo” modo di muoverci può automatizzarsi e creare squilibri anche in altri distretti del corpo.

Il piede, infatti, è la nostra principale interfaccia con il mondo esterno per quanto riguarda il movimento e può influenzare notevolmente il corpo. Spero, con questa breve relazione, di essere riuscito a far comprendere l'importanza sia dell'approccio immediato autosomministrato, sia il ruolo del fisioterapista che potrà sicuramente valutare e consigliare l'atleta sui tempi di riposo, sul recupero del range di movimento articolare, farlo lavorare per il recupero della migliore performance muscolare, e soprattutto, sull'aspetto propriocettivo, cioè  quella capacità del piede di “sentire” il terreno e adeguare l'appoggio sempre nel miglior modo possibile.

 

 

 

 

Un'ultima precisazione riguarda l'allenamento delle reazioni d'equlibrio con i “Balance disc” (che vi consiglio caldamente rispetto alle classiche tavolette in legno) e il loro utilizzo; non sono la panacea di tutti i problemi della caviglia, soprattutto se non vengono utilizzate correttamente: mentre si rimane in equilibrio su qualsiasi superficie instabile, il tronco deve rimanere eretto, rilassato e fermo...non serve a nulla utilizzare l'oscillazione delle spalle per mantenere la posizione, anzi il mio lavoro della caviglia è tanto più valido quanto riesco a effettuare tutte le correzioni possibili utilizzando pochi movimenti  dell'arto inferiore. Inoltre non bisogna abusare con il tempo che si passa su questo tipo di attrezzi, perché si può ottenere anche l'effetto opposto e, quindi, sviluppare un'eccessiva rigidità e cocontrazione dei muscoli del piede...5/8 ripetizioni da un minuto al giorno sono più che sufficienti, con una breve camminata di pochi metri per recuperare tra una prova e l'altra.

 

Come sempre chi volesse delucidazioni o avesse curiosità sull'argomento trattato può scrivere a nappo.fisio@fastwebnet.it