VAL BREGAGLIA TRAIL 2016 – CHIAVENNA (SO)
Sottotitolo: Una gara ricca di storia... ai confini tra due paesi....
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A meno di un mese dall'esordio del trail trasfrontaliero che unisce Italia e Svizzera, vi proponiamo questo bel racconto dello Storico locale Guido Scaramellini....
Trail val Bregaglia è un contributo sportivo volto a superare i confini di Stato e a ridare unità a una valle che la geografia ha creato unita, anche se nel 960 l’imperatore Ottone I ne assegnò i due quarti a monte al vescovo-conte di Coira e il quarto a valle al vescovo-conte di Como. Oggi è un confine di Stato tra Italia e Svizzera, ma sempre meno confine per la gente che ci vive.
Il percorso parte dalla piazza di Chiavenna che dal 1952 è intitolata al suo poeta Giovanni Bertacchi perché qui è la casa dove nacque nel 1869; passa poi in Pratogiano dov’è una nota zona di crotti, salendo verso il Deserto, nome derivato da un’osteria fuori paese dove poi sorse l’istituto don Guanella.
Si sale sull’ampio sentiero ottocentesco fino a Uschione, la frazione di Chiavenna appartenuta fino al 1872 a Prata, già nominata nel XIII secolo e abitata permanentemente con la sua scuola elementare fino a metà ’900. Uschione è diviso in località che portano il nome di parentele originarie del luogo. Alle spalle della chiesa dell’Ascensione è il monumento ai caduti con bronzo di Costantino Magni di Milano ed epigrafe di Bertacchi.
Di lì, lungo il versante sinistro della valle si percorre a mezza costa la Bregaglia, passando attraverso gli alpeggi, oggi seconde case, di Pradella, che da qualche decennio ha la propria chiesetta, di Saranga, del Cantone, dei Laghetti.
E siamo al confine di Stato, oltre il quale, dopo la salita a Cires, si torna sul fondovalle, passando davanti al maestoso albergo ottocentesco Bregaglia di Promontogno, protetto dalla cima del Badile. Passato Cacior, si sale a Soglio, che recentemente è stato scelto come il paese più bello della Svizzera con le sue case strette, la sua chiesa di San Lorenzo e il suo maestoso seicentesco palazzo Salis, la potente famiglia grigione che, originaria del Comasco, qui divenne importante.
Si scende all’abitato di Castasegna che delimita la vecchia strada di valle, con le sue due chiese della Trinità e, poco sotto, di San Giovanni Battista.
E siamo di nuovo in Italia, incontrando la frazione di San Barnaba con una chiesa già in piedi nel XII secolo, che all’interno custodisce un raro affresco di Ultima Cena del ’300 e, poco sopra, Canete con la sua corte dietro la chiesetta settecentesca dell’Addolorata.
Non potevano mancare i crotti di Posmotta e poi, quasi a 1000 metri, Savogno con le sue tipiche case in pietra e legno, dove fu parroco un santo, Luigi Guanella. Altri crotti si incontrano alla Cànoa, prima di salire a prendere il sole a Crana e di nuovo scendere ed entrare nella proprietà del cinquecentesco palazzo Vertemate Franchi, una delle ville più belle della Lombardia. E siamo alle cascate dell’Acquafraggia, che attirarono anche l’attenzione di Leonardo quando, nel 1490, passò di qui e lo testimoniò nei suoi appunti lasciati nel “Codice atlantico”.
Solo sul ciglio della Valledrana è il campanile cinquecentesco di Sant’Abbondio, dopo che l’ultima alluvione della valle nel 1755 portò via la chiesa, ricostruita poco meno di dieci anni dopo più a monte.
Dal Pian de la giüstizia, che ricorda il luogo del patibolo fino al ’700, si raggiunge Prosto con i suoi tipici biscottini e la pietra ollare all’ombra di uno dei più alti campanili della Valchiavenna. Poi, attraverso i crotti di Belvedere e di Poiatengo, si guadagna il centro storico di Chiavenna e la sua “Paart de mèz”, disegnata dalle case cinquecentesche ai lati, con traguardo finale al Cantón (ufficialmente piazza Pestalozzi). Questa piazza triangolare nacque a metà ’800 in seguito alla distruzione di un isolato di case per agevolare il transito di chi transitava di lì. Infatti ancora non c’era il ponte nuovo di viale Consoli chiavennaschi, costruito negli anni ’30 del ’900, e tutti passavano dal Cantón: sia chi percorreva tutta la via principale per recarsi in Bregaglia, sia chi passava il ponte dell’Oltremera per inforcare la val San Giacomo, che oggi si preferisce chiamare valle Spluga.